Dott. Claudio Vitali
Consulente Reumatologo
Casa di Cura di Lecco, Lecco
Istituto ‘San Giuseppe’, Anzano del Parco, Como
La definizione ‘vaccino’, ancora oggi utilizzata, fu proposto da Louis Pasteur a seguito degli studi di Edwuard Jenner, lo studioso che per primo aveva usato il virus del vaiolo benigno delle vacche (da qui appunto la denominazione ‘vaccino’) nella vaccinazione contro il vaiolo umano.
Le vaccinazioni sono un fondamentale intervento di medicina preventiva. Esse si prefiggono di proteggere dal contagio con agenti infettivi potenzialmente pericolosi il singolo individuo e quindi di contrastare il diffondersi della malattia nell’intera comunità.
Le differenze fra i vari tipi di vaccini sono legate alle metodiche di produzione, manipolazione e purificazione delle sostanze vaccinali. Si distinguono pertanto vaccini costituiti da microorganismi vivi ma attenuati (cioè manipolati per renderli meno virulenti), vaccini costituiti da micro-organismi completamente inattivati, da proteine batteriche purificate, o da subunità o frazioni di microrganismi.
Proprietà fondamentale dei vaccini è il mantenimento delle proprietà antigeniche del micro-organismo d’origine, e quindi la capacità di stimolare, nel soggetto ricevente, la produzione da parte sistema immunitario di anticorpi capaci di neutralizzare il microrganismo ‘naive’.
Le indicazioni alla somministrazione dei vaccini ai soggetti affetti da sclerodermia, non sono diverse da quelle individuate per l’intera popolazione di malati con malattie reumatiche autoimmuni (come l’artrite reumatoide, il lupus, la sindrome di Sjogren, la poli-dermatomiosite). In realtà l’opportunità di praticare vaccinazioni in questi malati è stata per molti anni oggetto di dibattito fra gli studiosi. Si sono succedute negli anni varie segnalazioni riguardanti la possibilità che una vaccinazione, determinando una stimolazione del sistema immunitario, fosse in grado di innescare o riattivare questo tipo di malattie, essendo esse causate proprio da un’anomala attività del sistema immune che diventa capace di produrre anticorpi rivolti contro costituenti propri dell’organismo umano (autoanticorpi). Studi più estesi e sistematici (e non limitati a osservazioni di singoli casi) non hanno confermato questa ipotesi, dimostrando che, l’insorgenza delle malattie autoimmuni sistemiche, o la loro riacutizzazione, a seguito di vaccinazione, è un evento raro e senza sicuro nesso di casualità con la somministrazione del vaccino.
Esistono molte raccomandazioni e linee guida riguardanti le vaccinazioni nelle malattie reumatiche autoimmuni emesse da società scientifiche nazionali e internazionali. Fra le più recenti ci sono quelle pubblicate nel 2015 a cura dell’Ufficio Federale Svizzero di Salute Pubblica e redatte da una commissione istituita ‘ad hoc’ per portare maggiore chiarezza su questo discusso argomento. Queste raccomandazioni sono il frutto di una ‘meta-analisi’, cioè di un attento esame della letteratura scientifica di maggior rilievo pubblicata sull’argomento. Queste raccomandazioni possono essere riassunte nelle seguenti 16 indicazioni:
- I benefici apportati dalle vaccinazioni superano di gran lunga il rischio per la salute individuale e pubblica causato dalle infezioni.
- Le vaccinazioni non sono causa d’insorgenza di malattie reumatiche autoimmuni, né di una loro riacutizzazione.
- Le raccomandazioni generali riguardanti le vaccinazioni di base sono applicabili in generale anche ai pazienti con malattie reumatiche autoimmuni.
- La situazione delle vaccinazioni eseguite nel passato dal singolo paziente deve essere esaminata subito dopo aver posto una diagnosi di malattia reumatica autoimmune. Le vaccinazioni obbligatorie e raccomandate, se non precedentemente praticate, devono essere eseguite quanto prima e comunque prima di iniziare una eventuale terapia immunosoppressiva.
- Le vaccinazioni nei pazienti con malattie reumatiche autoimmuni dovrebbero essere praticate in maniera preferenziale durante le fasi di inattività/stabilità della malattia.
- Non ci sono specifiche controindicazioni alle vaccinazioni con vaccini costituiti da microorganismi inattivati o vivi nei pazienti con malattie reumatiche autoimmuni, a meno che non stiano seguendo una terapia immunosoppressiva.
- Nei pazienti con malattie reumatiche autoimmuni già in trattamento con immunosoppressori le vaccinazioni in generale dovrebbero essere fatte quando la dose di questi farmaci è la più bassa possibile.
- E’ in genere sicuro somministrare vaccini costituiti da microorganismi inattivati o loro frazioni o prodotti in pazienti in terapia immunosoppressiva, anche se l’efficacia della vaccinazione può essere ridotta.
- Le dosi di vaccino di richiamo possono essere fatte anche durante una terapia immunosoppressiva dato che la risposta immune al richiamo è meno influenzata negativamente dalla terapia rispetto alla risposta alla prima dose.
- La somministrazione di vaccini costituiti da microorganismi vivi ma attenuati a pazienti in terapia immunosoppressiva comporta il rischio di infezione da parte di tali agenti infettivi. Questo è vero in particolare per vaccini costituiti da micro-organismi vivi con alta capacità di replicazione (ad esempio il vaccino per la febbre gialla, praticato di solito prima di viaggi in paesi tropicali).
- Qualsiasi tipo di vaccino può essere fatto dopo aver interrotto la terapia immunosoppressiva. Il tempo perché il sistema immune di ricostituisca in pieno e il, vaccino possa essere somministrato, è variabile a seconda dello specifico immunosoppressore che era stato usato.
- Alcune specifiche vaccinazioni sono consigliate nei pazienti con malattie reumatiche autoimmuni per conferire a essi protezione da alcune infezioni. In particolare sono indicate la vaccinazione anti-influenzale, la anti-pneumococcica e quella anti-epatite di tipo B.
- Nelle 4-6 settimane dopo l’avvenuta vaccinazione test sierologici di efficacia della stessa dovrebbero essere fatti, qualora disponibili.
- Nei pazienti che devono iniziare una terapia immunosoppressiva è opportuno verificare il loro stato di immunizzazione per morbillo, rosolia e varicella.
- Quando il paziente sotto terapia immunosoppressiva si dimostra non immunizzato e quindi non protetto nei confronti di certe infezioni come morbillo, rosolia, parotite epidemica, varicella e influenza, è opportuno controllare la situazione immunologica verso queste infezioni nei familiari e nelle altre persone a stretto contatto col paziente. Nel caso tali persone risultassero non immunizzate nei confronti di tali infezioni, è necessario invitarle a vaccinarsi.
- Qualora un paziente immuno-depresso, e non protetto da malattie come il morbillo e la varicella abbia contatto con persone infette da questi virus, si deve considerare la possibilità di trattare il paziente stesso con anti-virali o immuno-globuline.
In conclusione, molte delle vaccinazioni che comunemente sono praticate nei soggetti sani possono essere praticate anche nei pazienti affetti da sclerosi sistemica o dalle altre malattie reumatiche autoimmuni. Anzi alcune vaccinazioni sono particolarmente indicate in questi malati, alla luce del maggior rischio infettivo. Particolare attenzione deve essere posta nella scelta del momento più opportuno per praticare la vaccinazione nel decorso della malattia, e alla concomitanza di terapie in grado di influenzare la risposta immune, e quindi di inibire l’acquisizione dell’immunità indotta dal vaccino.