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ASSOCIAZIONE ITALIANA
LOTTA ALLA SCLERODERMIA

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I meccanismi alla base dell’infiammazione vascolare nella sclerodermia

a cura di Maria Grazia Sabbadini
Professore Ordinario di Medicina Interna Università Vita-Salute San Raffaele

Nella patogenesi della sclerosi sistemica (sclerodermia) vengono tradizionalmente considerati almeno tre fattori patogenetici e interagenti tra loro: la fibrosi dovuta all’eccessiva produzione e deposizione di collagene, le alterazioni vascolari e del micro-circolo e l’alterata regolazione della risposta immunitaria.

Le alterazioni vascolari sono sicuramente tra i primissimi segni che caratterizzano l’esordio della malattia. Il fenomeno di Raynaud, ad esempio, può precedere di anni lo sviluppo delle alterazioni cutanee. Già in questa fase però sono frequentemente presenti alterazioni del circolo capillare, a testimonianza di una precoce sofferenza degli endoteli e dei microvasi. Negli stadi più avanzati della malattia questo porterà a profonde alterazioni delle piccole arterie, con proliferazione e ispessimento della tonaca interna (intima), restringimento del lume, microtrombosi e conseguente sofferenza ischemica periferica. La sofferenza precoce delle cellule endoteliali e la trascrizione mal regolata di fattori di crescita importanti per la capacità di generare nuovi vasi in risposta all’ipossia (neo-angiogenesi) danneggiano la capacità di riparazione dei tessuti sclerodermici. Lo stress ossidativo prodotto dai fenomeni di ischemia-riperfusione porta inoltre alla generazione continua di radicali liberi dell’ossigeno, anch’essi dannosi per l’integrità tissutale.

Gli studi di questi ultimi anni  hanno messo in evidenza un importante ruolo giocato da cellule e da segnali molecolari che intervengono nella risposta immunitaria innata.

È noto da moltissimi anni che alla sclerodermia contribuisce l’attivazione della risposta autoimmune con la generazione di autoanticorpi caratteristici (anti-topoisomerasi o Scl-70, anti-centromero etc.).

La generazione degli anticorpi è una proprietà del sistema immunitario così detto ‘adattativo’, quel settore del sistema immunitario capace di generare recettori e molecole che riconoscono con  specificità elevata un numero elevatissimo di antigeni, ma che entra in azione solo successivamente all’attivazione dell’immunità innata.

L’immunità innata è invece quel braccio della risposta immunitaria che  rappresenta la prima linea di difesa verso le infezioni e insulti esogeni, capace di attivarsi molto prontamente in risposta a stimoli e segnali che vengano ‘sentiti’ come potenzialmente dannosi (Damage Associated Molecular Patterns o DAMP). Spesso questi segnali sono componenti del patogeno stesso; altre volte sono molecole che vengono liberate dalle cellule dell’organismo, danneggiate dall’evento avverso.

A quest’ultimo gruppo molecolare appartiene una proteina, HMGB1 (High Mobility Group Box-1), identificata inizialmente come una proteina del nucleo cellulare.

Nella cellula sana e in quiete infatti, HMGB1 è situata nel nucleo cellulare legata alla cromatina. Al contrario HMGB1 viene dislocata nel citoplasma e rilasciata in circolo in situazioni di infiammazione sistemica, come nel caso della sepsi o di sofferenze acute (infarti ecc.) dei vari tessuti.

Nella sclerodermia è presente precocemente uno stato di ‘sub-attivazione’ del sistema immunitario innato, che coinvolge alcuni sistemi cellulari come i granulociti neutrofili e le piastrine. Le piastrine sono piccolissime cellule non-nucleate che circolano continuamente nei nostri vasi con il compito di sorvegliare e eventualmente riparare subito qualunque piccola infrazione della parete vascolare. Le piastrine contengono nel loro citoplasma HMBG1: in condizioni normali la mantengono nascosta nel citoplasma, senza presentarla  sulla loro superficie.

Non è così nella sclerodermia: la sofferenza delle cellule endoteliali, già presente nelle prime fasi della malattia, viene ‘sentita’ dalle piastrine che si attivano, esprimono in membrana una molecola chiamata P-selectina e  traslocano HMGB1 dal citoplasma alla superficie cellulare. Le piastrine attivate inoltre generano dalla loro superficie moltissime piccole vescicole (le cosiddette “microparticelle”) ricche anch’esse di HMGB1, che dismettono in circolo, moltiplicando così la capacità di interagire con altre cellule e di generare segnale attivatorio. In effetti, se confrontate con quelle di soggetti normali, le piastrine dei pazienti sclerodermici esprimono circa 4 volte di più la molecola P-selectina e la molecola HMGB1 e nel sangue dei soggetti sclerodermici è presente un numero di microparticelle oltre 10 volte maggiore rispetto ai soggetti normali.

La prima interazione delle piastrine così attivate e delle loro microparticelle è con i granulociti neutrofili circolanti. I granulociti neutrofili sono le cellule dell’immunità innata che intervengono per prime nelle sedi di infiammazione e di danno. Per intenderci, essi sono i responsabili della generazione del pus quando un tessuto si infiamma eccessivamente o si infetta.  ‘Provocati’ dalla presenza di HMGB1 e di P-selectina sulla superficie piastrinica, i granulociti neutrofili si attivano anch’essi e iniziano a produrre grandi quantità di radicali liberi dell’ossigeno.  I radicali dell’ossigeno a loro volta sono in grado di ossidare HMGB1 presente alla superficie delle piastrine e delle micro particelle e la rendono un segnale infiammatorio più potente e efficace.

Si genera così un circolo vizioso: i granulociti, che sono a questo punto completamente attivati, dismettono gli enzimi che normalmente trattengono  al loro interno nei granuli citoplasmatici e incrementano ulteriormente il processo di danno.

CONCLUSIONI

La sclerodermia è una malattia complessa in cui vari eventi patogenetici interagiscono pesantemente tra di loro nel permettere la generazione e la perpetuazione del danno vascolare, dell’attivazione dei fibroblasti e della deposizione del collagene. L’interesse recente nei fenomeni che compaiono precocemente nella storia naturale della malattia, quali la flogosi vascolare sta generando sempre nuovi dati. La speranza è che questi studi offrano presto nuovi bersagli molecolari per terapie sempre più efficaci e meno dannose.